LA VECCHIA DELL’ACETO

Palermo fine settecento c’è una donna vecchia e brutta si chiama Giovanna Bonanno ma sarà ricordata sino ai giorni nostri come la “Vecchia dell’aceto”. La popolana è povera, ma ha una dote importante, sa leggere e la nonna le ha lasciato in eredità dei libri. Lei quei libri li aveva letti avidamente, imparando, tra l’altro, come ingannare la gente sciocca e superstiziosa che la circondava. Per anni si guadagnò da vivere vendendo pozioni d’amore, intrugli, filtri per risvegliare la virilità o per annullare il malocchio. La fattucchiera è ben voluta nel quartiere, ma i suoi servizi non le permettono una vita agiata. Il prologo di questa storia criminale avviene nel 1786. La donna, che gira in lungo e largo il suo quartiere, viene a conoscenza di una bambina che, involontariamente, ingerisce aceto per pidocchi. La bimba sta male per diverse settimane, ma si salva, e la vecchia scopre che a causare la malattia è stato proprio l’ingerimento di aceto per pidocchi. La megera, ma come diremo meglio noi siciliani la magara, pensa di unire a quella sostanza dell’arsenico e del vino bianco e confezionare così un insidioso e mortale veleno.

I BEATI PAOLI

Avete mai riflettuto sulla parola consorteria? Se scomponete la parola, consorteria, vi renderete conto che indica alcuni soggetti legati dalla medesima sorte. Pensate, questa volta il destino accomuna alcuni soggetti, e ne determina le loro vite. Quando si parla di consorterie si pensa inevitabilmente alla massoneria, alle mafie, alle cosche attuali, all’associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma guardando nella storia ci siamo accorti che il destino aveva creato delle consorterie ben più antiche delle attuali. Se potessimo usare la famosa macchina del tempo, ci proietteremo nella Palermo del XII secolo, tra le ombre e le tenebre di una cavità sotterranea, esistente nel quartiere del Capo, in prossimità della chiesa di Santa Maria di Gesù.

MISTERO SICILIANO, LA MORTE DEL BANDITO GIULIANO

Qualcuno nel 1950 aveva pensato di raggirare il destino. Di creare una scena come quella di un film e spacciarla come vera. Questo qualcuno era un ufficiale dell’arma dei carabinieri ovvero il colonnello Ugo Luca, numero uno del Comando Forze Repressione Banditismo in Sicilia. Alle 6 del 5 luglio 1950 fece trasmettere un dispaccio al ministro dell’interno Mario Scelba e al comando generale dell’Arma a Roma: «Da Castelvetrano Colonnello Luca segnala che ore 3,30 oggi dopo inseguimento centro abitato et conflitto a fuoco sostenuto da squadriglie del Comando Forze Repressione Banditismo rimaneva ucciso il bandito Giuliano. Nessuna perdita parte nostra. Cadavere piantonato disposizione autorità giudiziaria…»

Con intervista a Lino Buscemi,Giuseppe Casarrubea, Carmine Mancuso e Paolo Scirè Capuzzo. Qualcuno nel 1950 aveva pensato di raggirare il destino, di creare una scena come quella di un film e spacciarla come vera. Questo qualcuno era un ufficiale dell’arma dei carabinieri ovvero il colonnello Ugo Luca, numero uno del Comando Forze Repressione Banditismo in Sicilia. Alle 6 del 5 luglio 1950 fece trasmettere un dispaccio al ministro dell’interno Mario Scelba e al comando generale dell’Arma a Roma: «Da Castelvetrano Colonnello Luca segnala che ore 3,30 oggi dopo inseguimento centro abitato et conflitto a fuoco sostenuto da squadriglie del Comando Forze Repressione Banditismo rimaneva ucciso il bandito Giuliano. Nessuna perdita parte nostra. Cadavere piantonato disposizione autorità giudiziaria…»

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IL GENIO E L’IMBROGLIONE, LA STORIA DEL CONTE CAGLIOSTRO

Questa volta il destino ci ha regalata una di quelle storie nelle quali è facile comprendere cosa può accadere a un uomo che lo sfida e cerca di beffarlo. Il Conte di Cagliostro nella sua vita lo sfido spesso e chi sfida il destino ripetutamente pensando di poterlo addomesticare o gestirlo, finisce sempre per soccombere per sua mano. In questo podcast ci occuperemo del Conte di Cagliostro e delle sue straordinarie avventure e della Setta dei Liberi Muratori.

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INTRODUZIONE

Mi chiamo Fabio Fabiano e sono un giallista siciliano. Ho scritto diversi libri, raccontato tante storie frutto di fantasia, ma guardando la realtà siciliana mi sono accorto che il destino ha dato vita a degli eventi che farebbero impallidire i migliori scrittori e drammaturghi del mondo. Dopo aver studiato i documenti del passato ho raccolto queste storie vere avvolte dal mistero per raccontarvele

Il Mito di Ciccu Paulu: Un bandito Siciliano

Prima della creazione del celebre Arsène Lupin, personaggio immaginario ideato da Maurice Leblanc nel 1905, che ruba per sé ma anche per i più bisognosi e sempre e solo ai più facoltosi, amante delle donne e del lusso, il destino aveva già creato un personaggio simile. Come spesso avviene il destino crea questi personaggi nella sua fucina preferita ovvero la Sicilia. Il personaggio storico in questione si chiama Francesco Paolo Varsalona, inteso Ciccu Paulu. Anche lui come Lupin è forte e di bell’aspetto, ama la bella vita e le belle donne, ma non è certo un filantropo come il personaggio letterario francese che è si ladro ma gentiluomo . Il bandito Barsalona grazie alla sue imprese criminali viene ben presto proiettarono nella leggenda e nel mito.

LA SVENTURA DI CHIAMARSI FILIPPO

In questo podcast ci occupiamo del destino che gioca tragicamente con i nomi ed i cognomi. Il contorno della storia è quello tipico di una faida in una cittadina della Sicilia negli anni ottanta. Da una parte i componenti della cosca locale di “cosa nostra” e dall’altra quelli del clan mafioso che fa riferimento agli “stiddari”. I due clun mafiosi si scontrano e lascianoa a terra vittime e sangue ma il 21 settembre del 1986 a Porto Empedocle in Via Roma, avviene una delle più senguinose stragi mafiose. Tra le vittime vi è una giovane vittima innoccente il cui nome è Filippo Gebbia. E’ proprio l’ivocazione del nome del giovane da parte della sua fidanzata, anche lei presente ai fatti, che ne determina la tragica sorte. Il destino beffardo e crudele come sa essere più di ogni altro autore e drammaturgo, il 21 settembre del 1986 ha portato in scena una delle più tremende tragedie ad otto unico “La sventura di chiamarsi Filippo.”